Ritornare all’etica e educare a una nuova grammatica relazionale: il dramma dei femminicidi

Il tempo presente continua a macchiarsi di sangue versato da donne innocenti le cui esistenze vengono spezzate fisicamente o traumatizzate psicologicamente da uomini incapaci di riconoscerne e rispettarne l’esistenza. Uomini trincerati in un egoismo narcisistico che li tiene in contatto solamente con le proprie pulsioni, fino ad abdicare alla capacità empatica e alla razionalità.

Questi tragici omicidi sono l’esito di un istinto predatorio. Lo testimoniano le parole pronunciate dall’assassino di Chiara Ugolini, 27 anni, uccisa lo scorso 5 settembre nel veronese. “Non so che cosa mi sia successo, ho perso il controllo, non ho potuto resistere”. L’omicida vedendola sola si è introdotto con destrezza nella sua abitazione per abusare di lei fino ad ucciderla. Una violenza cieca che interrompe barbaramente la vita di una giovane donna impotente e disarmata di fronte ad un uomo che l’ha percepita niente meno che come mero oggetto da conquistare e di cui disporre a piacimento.

Al di sotto di questi gesti vi è sempre una scelta deliberata, per questo non vi possono essere scusanti o giustificazioni. Vi è un uomo che sceglie di adagiarsi ai propri istinti abbandonando le cosiddette funzioni “superiori” che ci rendono umani, ci distinguono dagli animali e che abbiamo faticosamente sviluppato in millenni di evoluzione culturale e civile. La regressione antropologica è in atto e conseguentemente la convivenza sociale è a rischio perché stanno retrocedendo sullo sfondo la cultura e l’educazione ai principi primi dell’etica che sanciscono la sacralità dell’altro e il rispetto per la vita.

È necessario recuperare i fondamenti culturali che ci precedono e che hanno fatto grande la nostra tradizione e la nostra civiltà.  Dalla matrice giudaico-cristiana, con la regola aurea “amerai il prossimo tuo come te stesso” esplicitata nel libro del Levitico e riconfigurata da Gesù di Nazareth: “tutte le cose che voi volete che gli uomini vi facciano, anche voi fatele a loro” (Mt, 7,12). Passando per la riflessione etica kantiana: “agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche al tempo stesso come scopo, e mai come semplice mezzo”. Questi sono alcuni dei principi cardine dell’etica della reciprocità che possono regolare la pacifica convivenza umana poiché fondanti il rispetto e il riconoscimento della dignità intrinseca e inalienabile di ciascuna esistenza umana. Di questi principi primi dovremmo cercare di renderci degni poiché sono indifferibili se si vuole promuovere integralmente l’essere umano, contribuire al suo innalzamento morale, intellettuale e spirituale e se si vuole spronare lo sviluppo dell’intero consorzio umano.

È importante comprendere che amore e affetto non si legano in alcuno modo all’esercizio del potere, all’interesse, al possesso, al dominio, all’abuso, alla violenza fisica e psicologica. Lo ha evidenziato con chiarezza lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung: “Dove l’amore impera non c’è desiderio di potere, e dove il potere predomina, manca l’amore. L’uno è l’ombra dell’altro”. Sono parole che sottolineano l’antitesi fra l’amore che dà vita e il potere che sempre annienta poiché inscindibilmente legato alla pulsione di morte. Questa distinzione di fondo può inoltre aiutare a prendere consapevolezza delle relazioni che intrecciamo e può insegnarci a distinguere quelle sane e nutrienti da quelle disfunzionali e malate.

I numerosi ed efferati femminicidi – da gennaio a settembre di quest’anno se ne contano in media uno ogni 72 ore – segnalano la necessità di una svolta. Urge ripartire da una grammatica relazionale che si fondi sui principi primi dell’etica i quali non sono mai garantiti una volta per tutte perché, mentre istinti e pulsioni sono attaccati alla nostra corporeità, la cultura e il vivere civile sono conquiste che non si tramandano geneticamente ma educandosi ed educando, sempre e di nuovo, a prendere contatto con la risonanza emotiva e cognitiva delle proprie azioni. Questo rimanda all’imprescindibilità dell’alfabetizzazione emotiva e del pensiero critico. Sono queste le vie per tentare di porre rimedio ad un’escalation di violenza che insanguina il nostro tempo con morti innocenti.

Articolo pubblicato in data 23 settembre 2021 sul settimanale L’Azione.

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