Il periodo estivo ha visto alcuni adolescenti protagonisti della cronaca nera.A giugno la morte di una adolescente di Primavalle barbaramente uccisa dal fidanzato e poi scaricata in un cassonetto. Nella seconda metà di agosto la notizia di uno stupro perpetrato da sette ragazzi nei confronti di una ragazza a Palermo. La giovane è stata abusata dai coetanei che compiaciuti hanno filmato l’accaduto noncuranti delle grida di dolore e di rifiuto da parte della diciannovenne. Orrori ai quali si è aggiunta, negli ultimi giorni, la notizia di un altro stupro di gruppo ai danni di due ragazze tredicenni nel napoletano.
Sono eventi che non possono limitarsi alle cronache, talvolta così dettagliate da rasentare la morbosità. Tali casi, affinché non rimangano “semplicemente” notizie, devono stimolare una riflessione circostanziata sullo stato culturale, sociale e educativo del tempo presente in quanto manifestazioni di un disagio variegato e profondo.
È opportuno rilevare che, negli avvenimenti descritti e in altri casi simili, non vi è da parte degli attori la percezione del valore della vita. La sacralità della vita dell’altro e il limite imposto dalla sua stessa esistenza sono completamente mancanti. Nel primo caso la ragazza viene trattata alla stregua di un rifiuto, negli altri due casi le ragazze sono prede da dominare. A questo si aggiunge l’assenza di risonanza cognitiva e emotiva delle proprie azioni. L’azione non è preceduta da pensiero critico, non è accompagnata dalla capacità empatica di “sentire l’altro” e non è seguita, come confermano parte degli interrogatori giudiziari, da consapevolezza emotiva dell’accaduto.
L’altro da sé viene reso oggetto di cui disporre a piacimento per soddisfare il proprio, perverso, desiderio di godimento, per poi disfarsene quando si oppone al proprio volere, non serve più o non soddisfa la propria pulsione. È il naufragio della coscienza morale che impedisce ogni forma di rispetto.
Stupisce inoltre la mancanza di senso della realtà e della responsabilità. Questi giovanissimi non si rendono conto che con i loro comportamenti non solo gravano negativamente sulla vita dell’altro ma alterano radicalmente anche la propria esistenza. Invece, tutto sembra per loro senza effetti reali. L’apparizione sulla scena del misfatto è come se fosse destinata a svanire. Come la storia di un social network che dopo ventiquattr’ore scompare, può essere cancellata, sostituita. Il tema qui è quello delle conseguenze che, in questi casi, non vengono anticipate proprio a causa del preoccupante vuoto di pensiero e riflessione.
Queste lacune spaventose nella mente di alcuni ragazzi sorgono da carenze educative e culturali, sulle quali facilmente s’incuneano messaggi e immagini che vengono propagati attraverso i mezzi di comunicazioni e i social network nei quali i ragazzi vedono, senza lenti critiche, video spesso conditi da efferatezze senza senso. Tra questi contenuti spicca indubbiamente la pornografia che veicola l’idea dello sfruttamento del corpo-oggetto dell’altro, privando la sessualità della sua dimensione relazionale di intimità. A questo fa da contorno la patologia del potere, del controllo, del dominio come paradossale elemento di conferma della propria, inconsapevolmente, fragile identità.
Quanto descritto prolifera in un orizzonte giovanile marcato, molto spesso, da un abissale vuoto esistenziale. L’assenza di valori che donano significato alla vita e il disorientamento che ne consegue sono terreno fertile per il dilagare di stati depressivi, aggressività e dipendenze nelle diverse forme: illusori tentativi di riempire un vuoto di senso che invece permane ampliandosi.
In questo sconsolante scenario è venuta meno la dimensione etica della costruzione di sé e delle relazioni con gli altri. Adolescenti e giovani sembrano sguarniti di un’educazione al pensiero critico, all’alfabetizzazione emotiva, alla sessualità come competenza e non come prestazione, alla capacità di distinguere il bene dal male, al senso del limite. Su questi deserti s’innesta facilmente la cultura consumistica del tutto e subito, dell’intolleranza alla frustrazione, della ricerca dell’eccitazione, dell’appiattimento sul presente anziché sulla dimensione progettuale che aiuta a dare senso alla propria esistenza. L’orizzonte dei ragazzi coinvolti in questi efferati eventi è sempre più ristretto a causa di un’interiorità attraversata dal nichilismo e pertanto non nutrita di bellezza, conoscenza, progetti, relazioni ma assetata di godimento, potere, ricchezza e prestigio che sempre si legano alla cultura della morte, non della vita.
Alcuni adolescenti e giovani sono il sintomo, il grido di una generazione che chiede al mondo adulto, genitoriale in particolare, di fermarsi, ascoltare, interrogarsi per tornare ad assolvere il proprio insostituibile compito educativo. Questo passa, primariamente, per l’educazione di sé, dandosi strumenti per ottemperare un’ardua ma nobile missione che, nella complessità del presente, assume sempre più i contorni di un appello indifferibile che la vita pone alla comunità educante.
Articolo pubblicato sul settimanale L’Azione giovedì 31 agosto 2023.